SCHIAVI, LIBERTI E LIBERI

SCHIAVI LIBERTI E LIBERI

LE DIFFERENZE SOCIALI DEI NOMI

Le differenze sociali erano espresse già dalla formula onomastica, cioè dal modo con cui ciascuno era denominato.

Gli schiavi avevano diritto a un nome unico, che al massimo poteva essere completato con l’indicazione del padrone, come vediamo per la schiava del n. 41, Helene, L(uci) Aponi Crispini (serva), cioè Elena, schiava di Lucio Aponio Crispino’.

Per gli uomini liberi fin dalla nascita (ingenui) la formula completa poteva comprendere fino a cinque elementi; nell’ordine:
1) il praenomen personale (Caius, Lucius, Marcus etc.);
2) il nomen o gentilizio, cioè il nome della famiglia;
3) la filiazione, espressa col riferimento al praenomen del padre (“figlio di…”);
4) spesso anche la tribù o circoscrizione anagrafica;
5) infine il cognomen.

Così, ad esempio, nel n. 8 troviamo M(arcus) Marcius
M(arci) f(ilius) Fab(ia tribu) Iustus, cioè “Marco Marcio, figlio di Marco, iscritto nella tribù Fabia, Giusto”, dove Marco è il praenomen, Marcio il gentilizio e Giusto il cognomen.

Per i liberti c’era una formula dello stesso tipo, ma
anziché il praenomen del padre dovevano indicare quello dell’ex padrone: non “figlio di…”, ma “liberto di…”; e se la padrona era una donna, visto che le donne non avevano praenomen, si ricorreva al simbolo convenzionale di una “C” invertita, cioè con la gobba a destra, e la formula veniva a dire semplicemente “liberto di una donna”.
Proprio per evitare di dover esplicitare questa origine servile, che era avvertita come una macchia, molti liberti omettevano del tutto questa parte della formula. Inoltre il liberto, al momento della sua liberazione, era obbligato ad assumere il gentilizio dell’ex padrone (dal 4 d.C. anche il suo praenomen), trasformando il proprio originario nome unico in cognomen.

Così il liberto che nel n. 38 figura come P(ublius) Vettius P(ubli) l(ibertus) Optatus, prima della sua liberazione era uno schiavo di nome Optatus, proprietà di un P(ublius) Vettius.